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24 gennaio 2011 | Carpark Records | facebook.com/cloudnothings/ | ![]() |
Quando non riesci a trovare un senso alle cose è sempre un disco che ti salva. Sempre. Stamattina nella mail di assegnazione recensioni di Rocklab ci ho trovato i Cloud Nothings e da quando li ho buttati su non riesco a smettere di pensare a quanto la mia fragile psiche sia soggiogata alle canzonette, ammaliata, stuprata, e dipendente dai suoni più emotivamente sghembi e sognanti che la mente di qualche sconosciuto abbia partorito, anche per me. Qualcuno però mi deve spiegare – Tipo Steve Albini che produce il tutto – come sia possibile che un ragazzetto sulla ventina come Dylan Baldi possa contenere nel suo animo così tanto spirito Ninties senza aver mai interagito con quella scena, se non in tenerissima età. Attack on memory oltre ad essere il primo personale ascolto annuale – quando si dice partenza col botto – è proprio questo, un’abbuffata di personlità Post-Hardcore, echi Noise-Pop, e riflussi Grunge da k.o. tecnico.
Sulle macerie del Post-Hardcore “No future/No past” barcolla depressa, ondeggia pericolosamente, crolla e si rialza poderosamente quando i giochi sembrano fatti. Ruggendo orgogliosa lascia il passo agli otto minuti di “Wasted days” che si aprono sventolando l’effige Mascis/Barlow ( Di Bug ) per poi tuffarsi in un lungo mantra Sonic-Youthiano pronto a sfociare in una vera invettiva Hardcore. Dylan da genio quale è, per ammorbidire il discorso, vira ora verso un Punk-Pop/Lo-Fi dalle reminescenze melodic HC ( Fall in ) dotato di ritmiche Face to face, refrain al miele e noia Grunge.
Le chitarrine Strokes che aprono “Stay useless” e la seguente splendida cavalcata indie acustica “Separation” sembrano finalmente smascherare la tenera età del Baldi, che fedele al suo canovaccio chiude il tutto rimanendo nuovamente e felicemente inpantanato nell’ emotività Americana (Our plans / Cut You) dei suoi eroi, quella che negli anni novanta ci fece sopportare il passaggio di millennio.
Stupendo.