Democrazia #26 – Kill your boyfriend – Granprogetto – Le Gros Ballon

Cari lettori e musicisti, oggi volevo dirvi che noi non abbiamo paura del buio. Casomai abbiamo paura della confusione, abbiamo paura degli amici degli amici, abbiamo paura degli zombie, o meglio dei ritornanti, abbiamo paura delle persone che ci dicono cosa dobbiamo farci piacere, abbiamo paura di Radio Italia Solo Musica Italiana, abbiamo paura degli stagisti di Repubblica lasciati da soli in redazione, abbiamo paura di Gino Paoli presidente della Siae, abbiamo paura dell’intellighenzia del PD, abbiamo paura di quelli più giovani di noi che ascoltano artisti molto più vecchi di noi e sputano invece sulla loro generazione di artisti, abbiamo paura della next big thing, abbiamo paura che non ci sia una next big thing, abbiamo paura del prezzo dei biglietti dei concerti, abbiamo paura del traffico alla fine dei concerti, abbiamo paura dell’album di debutto di Carlo Pastore’s band, abbiamo tanta paura di noi.

demo

killyourboyfriendCerto che band così ti fanno ancora sperare in un futuro migliore. Ma si sa, nel genere di nicchia ci sta sempre il vino buono, ed è così anche per questo esempio di dark electro – new wave. Per i Kill your boyfriend, sono otto i potenziali fidanzati da potersi tenere o fare fuori, ed ognuno di questi ha una personalità trasfusa all’interno di una canzone. Per esempio Dexter ha sicuramente un’anima solare sotto tutto quel noise, così come Jacquessembra piuttosto un ragazzo deciso, ma impulsivo.  Xavier senza dubbio deve essere una grande personalità, sfaccettata e complessa, a tratti pomposa. Invece Egon è quel tipo che ti conquista sulla pista, ballando ad occhi chiusi. Insomma se amate The Jesus and Mary Chain, Joy Division o Sonic Youth, non fatevi scappare questo trio di trevigiani ma seguitelo. Questo album è davvero un ottimo esempio di genere ed è così ben costruito da non doversi per forza attaccare al solito discorso del derivativismo: zitti tutti, va bene così. Oltretutto per l’ennesima volta mi tocca recensire un cd sul quale Nicola Manzan ha messo le mani, ma è il primo fra quelli capitati ad avere davvero un senso. Suoni acidi dosati con maestria, pattern di batteria incalzanti, giusta dose di pessimismo cosmico, se riescono a mantenere anche live questa delicata alchimia di livelli, allora sono davvero interessato a vederli anche dal vivo.

granprogettoChi sono gli invitati a La cena del bestione? Beh, a parte naturalmente i Granprogetto, che in questo caso fanno gli onori di casa, io direi che intorno al tavolo si possono incontrare personaggi e storie di questa generazione disederata di trentenni italiani. Chiamatelo pop, chiamatelo folk, le storie di questi invitati sono comuni a tutti noi, ed ogni brano comunica grande empatia all’ascoltatore. La produzione dell’album rende tutti i brani, anche quelli più carichi, come Roy Scheider ad esempio, decisamente delicati e con un appeal elettro-acustico molto azzeccato per il genere, insomma questa cena si fa consumare in maniera molto piacevole. Il terzetto fiorentino confeziona un album che se non è proprio complesso, almeno è completo, ma che ha il pregio di essere davvero easy listening. Personalmente mi ricorda molto certi lavori alla Max Gazzè: sofisticato, ma non spocchioso nel suo essere, per cui con potenzialità nazionalpopolare, ma più radical-chic. Per fortuna manca quella prosopopea delle band che piacciono davvero alle masse (vedi alla voce Modà e Negramaro, sempre più vicini al mondo dei neo-melodici che alla musica leggera italiana), ma questo deve essere considerato solo un pro.

LeGrosBallon_cover_ep_hey…pop strumentale. E’ la prima definizione che mi è venuta in mente all’ascolto di Le Gros Ballon. Sghembi quanto basta, allegri, fantasiosi, i quattro brani di questo EP sono la colonna sonora perfetta per una giornata di sole al parco. Si inizia con il pop folk del primo brano Hey! per passare a Sir Alfred Joseph Hitchcock  dall’ambientazione più western. Chitarre sapientemente scordate, banjo ed un sacco di altra roba, tutto condensato in due minuti e mezzo di brano. Si ritorna in carreggiata conHappiness Accident, composizione più standard alla Kings of Convenience, mini-brano da meno di due minuti, allegro, solare, giusto. Solamente l’ultimo brano We are sinking but together supera i tre minuti grazie ad un lungo intro che copre più di metà del brano. Nonostante la cartella stampa che millanta libertà dai vincoli di genere (casomai direi proprio il contrario! Nella composizione sfruttano tantissimo i clichè del genere di riferimento e lo fanno bene) il lavoro è molto buono. Certo non arriviamo nemmeno a 10 minuti di musica, forse avrei aspettato per far uscire un lavoro più sostanzioso, c’è il rischio che Le Gros Ballon rimangano impressi per il tempo di ascolto.