Lydia Lunch: Ripetere il mantra: “Più loro uccidono, più io fotto”

Dagli anni Settanta ad oggi, Lydia Lunch ha abbracciato l’arte in tutte le sue più disparate forme e sembianze. Dagli esordi a soli sedici anni con i Teenage Jesus and the Jerk, passando per Beirut Slamp, Bix Sex Noise e il nuovissimo progetto con i Retrovirus, intraprendendo poi collaborazioni con Kim Gordon, Thurston Moore, Nick Cave e molti altri, fino a lambire i territori della letteratura («Paradoxia – A Predator’s Diary» su tutti), dell’insegnamento e della fotografia e quelli ancor più inesplorati della spoken word poetry e della performance video più estrema («The Right Side of My Brain» e «Fingered» diretti da Richard Kern). L’icona della No Wave, di quel buco nero pronto a negare per esistere, ha  negli anni fatto suo il potere ipnotico della parola reinventandolo e racchiudendo al suo interno tutte le sfumature del dolore, della violenza più brutale, della sessualità più depravata, del nichilismo e della disperazione, tra ironia pungente e follia, trascendendo i confini dell’arte stessa. È proprio Lydia Lunch che in questa intervista ci apre le segrete della sua personalità eclettica e “stregonesca” consolidando la forza vitale della donna e la magia dell’arte come rimedio ai mali di tutto il Mondo.
 
lydia-lunch-low1 3-filtered Retrovirus, un nome singolare…forse racchiude al suo interno un significato “nascosto”? Come nasce e si evolve questa esperienza?
La parola RETROVIRUS si compone fondamentalmente da RETRO – che sta per retroattivo e – VIRUS perché considero la mia arte come qualcosa che arriva fin sotto la pelle come un contagio, un virus appunto che può sia curare che irritare..a seconda di chi la ascolta. È un progetto che continuerò a portare avanti così come quello dei Big Sexy Noise, perché una sola band non può contenermi e rappresentarmi in toto.

Cosa ti ha spinto a formare i Big Sexy Noise e a lavorare con i Gallon Drunk? Come è nata questa collaborazione?
Ho lavorato con Ian White per molti anni, coinvolgendolo nel mio progetto “psycho-ambient”, dove la parola era radicata alle performance, in accordo alle invettive politiche contro l’imperialismo americano, la guerra, il terrore e lo squilibrio del potere. Questi temi mi hanno ossessionata per anni in quanto “Nostradamus” della No Wave. Era arrivato quindi il momento in cui desideravo fare rock puro. Desideravo una band che suonasse come se si trovasse a un’ultima festa prima della venuta dell’Apocalisse.
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I Teenage Jesus and the Jerk hanno rappresentato il calcio d’inizio della tua carriera nei tardi anni Settanta. Quali erano i tuoi obiettivi e le tue aspettative in quel momento?
Inventare una forma di musica che fosse l’equivalente sonoro di un temperamento in collera.

All’inizio dell’era No Wave in un certo senso cercavi di ribaltare il concetto classico di Rock And Roll ora invece cosa è cambiato? La ribellione e la trasgressione del nuovo millennio dove risiedono?
Ricercare il piacere nonostante le prostitute di guerra e le orgie del male, della morte e della distruzione. L’America con 800 militari intorno al Mondo, un governo corrotto che gioca a fare il poliziotto cattivo, spie in tutto il pianeta che mettono in carcere più gente di tutta quanta la Russia, la Cina o L’Iran e cercano di rovinare ogni nostro momento di veglia, mentendo, rubando e uccidendo per capriccio…l’unica reale e vera ribellione contro tale miseria e follia è quella di creare, abbracciare, incoraggiare, godere e ripetere il mantra: “Più loro uccidono, più io fotto”
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Nel 1989 hai registrato un album con Kim Gordon e Sadie Mae (Naked in Garden Hills) che si ispira allo scrittore Harry Crews, cosa ti affascinava dei suoi romanzi?
L’orrore, la poesia, l’ammaccata bellezza delle persone ferite, il linguaggio e le loro storie.

Hai avuto la possibilità di essere docente universitaria. Quale approccio usi per insegnare ai tuoi studenti?
Ho insegnato arte per un semestre all’Istituto D’Arte di San Francisco. La maggior parte delle Università in America tende o a promuovere eccessivamente oppure a criticare negativamente. Nella mia classe si doveva creare una realtà incentrata su uno spettacolo senza budget, una storia o un singolo atto basato su esperienze di vita reale. Se si voleva commentare una pièce, lo si poteva fare solo sottolineando i punti di forza dello spettacolo stesso. Nulla di negativo. È lo stesso metodo di approccio che uso per lavorare con i miei collaboratori. È necessario incoraggiare il lato il positivo delle cose. Non sono mai negativa con gli amici e con le persone con le quali lavoro. Si vanifica il senso..l’Arte dovrebbe essere la cura, il rimedio alle ferite universali. Incoraggiare gli altri attraverso la mia arte o aiutandoli a creare la propria è una parte di quello che ho sempre fatto. Tengo anche dei workshop su come comprendere il testo e trasportarlo dalla pagina al palcoscenico, su come utilizzare la voce per dare più potere alla poesia delle parole. Mi piace davvero riuscire ad aiutare le persone a uscire fuori dalla paura del palcoscenico e dalla sensazione di disagio che esso può provocare.

Come scrittrice sei stata definita «capostipite di una nuova generazione di Genet, Miller e de Sade». Tu cosa ne pensi?
Adoro questa definizione

Cosa è per te la parola? Può essere sinonimo di trascendenza?
È ipnosi..quando dice il vero
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Il desiderio di intraprendere forme d’arte differenti cosa rappresenta per te? Una sfida o meglio una trasformazione necessaria e personale del tuo io?
La forma d’arte ideale è quella capace di veicolare e di trasportare il messaggio che si sceglie. Sia che si tratti di musica, che di letteratura o fotografia. Tutto questo si traduce nell’idea di far emergere le parole, farle uscire fuori. Anche un’immagine o un titolo dovrebbero avere questa capacità di “parlare”.

Cosa muove l’arte…la tua arte?
La necessità di dare voce alle nostre ossessioni più oscure, alle nostre ombre, ai nostri stimoli criminali, alle nostre manie sessuali, per dare voce a coloro che si sentono come se stessero in silenzio a urlare nel vuoto che minaccia di ingoiarli, per caratterizzare l’isterismo della storia. Il desiderio di rappresentare il guerriero femmineo che viene chiamato a raccolta contro la supremazia del maschio e contro il suo amore della morte sulla vita, che massacra tutto ciò che incontra nel sentiero della sua avidità. Per buttare merda di fronte a una cultura che promuove la forza di un prodotto irragionevole per nutrire i consumatori che sono ormai diventati dipendenti nell’ingoiare merda e gradirla.

Come vedi il ruolo della donna nel mondo dell’arte e della musica?
In un mondo perfetto, come una rivoluzionaria.