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31/01/2014 | Interbang-Records | Lydia-Lunch | ![]() |
Un virus che retroattivamente infetta e devasta l’anima stessa del rock.
Retrovirus di Lydia Lunch è tutto questo: un disco di pura no-wave sapientemente strutturato e “inquinato” dalla derive sonore e contenutistiche della dark lady del genere. Un album che si palesa come una cerimonia totale, un rituale di suoni ossessivi e cadenzati che, tra passato e presente, vacillano tra noise destrutturato, industrial modulato e meccanico, rock ossessivo, deframmentato e martoriato su macerie anni Novanta. Tra ritmiche secche, sotterranee e acide, itinerari decadenti, battiti luciferini, sproloqui verbali e angosce urlate su oscure e lascive contorsioni linguistiche, c’è tutta la storia discografica di Lydia Lunch fusa alla forza calda e graffiante della dimensione live.
Accompagnata alla chitarra da Weasel Walter (Flying Luttenbachers), alla batteria da Bob Bert (Pussy Galore, Sonic Youth, Chrome Cranks) e al basso da Algis Kyzis (Swans, Foetus), la Lunch ripercorre dunque la sua carriera a partire dai lavori con i Teenage Jesus & The Jerks (I Woke Up Dreaming) e gli 8 Eyed Spy (Love Split With Blood, Ran Away Dark), includendo 13:13 (Afraid Of Your Company e 3×3), le collaborazioni con Clint Ruin a.k.a. JG Thirlwell (Meltdown Oratorio) e con Rowland S. Howard (Burning Skulls) e la lunga e devastante suite di undici minuti Black Juju. Una negazione di suoni che esplode nella furia incondizionata, tra la repressione espressa e la follia che erutta ormai sopita dal tempo.
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