10 Album per l’Autunno 2016

Nei mesi decisivi per le sorti politiche nostrane – Referendum – e non solo – Presidenziali Americane –, e con la disoccupazione che galoppa, ci avviciniamo a passo svelto verso la stagione fredda, non senza interrogativi. Per staccare la spina, magari anche solo per qualche ora, vi proponiamo una selezione di album – indicizzati secondo i nostri segni – che contribuiranno ad allietare (o acuire) questi momenti di transizione verso la neve.

bon-iver-22-a-millionBon Iver – 22, A Million: Giacca [?]
22, A Million è stato un album dalle grandi aspettative ed è diventato il riflesso degli ultimi anni di Justin Vernon: duri, complicati, di distaccamento dal passato e segnati dalla volontà di risalire. Con il nuovo sound i Bon Iver hanno voluto rischiare il tutto per tutto, senza porsi limiti e senza tornare sulla strada facile della standardizzazione, su ciò che la gente si aspetta, ed in questo hanno vinto. Per apprezzare in pieno quello che è 22, A Million servono decisamente diversi ascolti ed è necessario calarsi in ogni sua direzione, in ogni effetto contenuto nei brani, in ogni strofa cantata ed in ogni diversità che lo rende unico, ma altrettanto innovativo, un album che rispecchia fedelmente il carattere della band statunitense. [Continua]

isterica-pensieri-parole-opere-omissioniIsterica – Pensieri Parole Opere Omissioni: Nichilista [?]
Siamo al cospetto di un bignami riassuntivo che spazia all’interno di un range di spasmi sociali del tutto riconoscibili nell’italico pensiero. Dal giovane benestante in cerca di velleità (“Università“) fino alla critica sulle derive populiste in seno alla nazione “minuta” (“Barabba“, “Isterica“). Un mood che spesso riporta alla mente esordi lontani – ricordate i Prozac +di “Testa Plastica“? –, capace di non scendere mai a patti con l’estetica mono direzionale di genere, ma anzi facendosi beffe della scena e alzando bellamente le chitarre – seguendo l’insegnamento (qui ovviamente con differenti risultati estetici) degli ultimi Negazione.  [Continua]

red-sun-triosophyRed Sun – Triosophy: Barba [?]
La magia dettata dall’ispirazione dello Space Rock e dello Stoner sembra non aver nessuna intenzione di finire. Siamo in Italia, nel deserto piacentino per la precisione, ma pur rimanendone allo scuro avremmo la certezza di trovarci nel deserto del Mojave, alle prese con un lavoro degno della miglior tradizione Desert Rock americana. Un disco che è un viaggio psichedelico privo di voci, talmente denso di sonorità psicotrope da caratterizzarne il cammino; procedendo a vele spiegate e concentrando l’udito in alternanza onirica tra la sezione ritmica precisa, martellante e ben assestata e gli assoli di chitarra che ricordano le migliori espressioni degli Yawning Man – a cui il trio mi sembra particolarmente votato. [Continua]

mind-monogram-am-in-the-pmMind Monogram – Am To The Pm: Spilletta [?]
AM in the PM rappresenta dunque l’esordio su lunga distanza di una band fortemente influenzata dai pesi massimi di genere, e che trova nelle suggestioni estatiche di certo Dream Pop la propria dimensione. Parliamo di una ventina di minuti durante i quali annusare il profumo della mattina d’estate, osservando Noah Benjamin Lennox (Panda Bear) e Chazwick Bradley Bundlick (Toro Y Moi) rincorrersi sulla battigia mentre il sole sorge e sullo sfondo sfilano verso l’orizzonte le spoglie dell’Indie che fu –  Ve li ricordate i The Cribs del 2004? (“Real Slow“). Corse in bicicletta senza scarpe mentre la salsedine sfiora le narici e le spalle cominciano ad arrossarsi “A.M In The P.M“, ed echi vintage Psych-Pop. Un lavoro fragile e onesto, che punta forte su quelle sensazioni che rimangono impresse nella mente, sui ricordi luminosi.. [Continua]

The Dillinger Escape PlanDillinger Escape Plan – Dissociation: Truce [?]
L’album racchiude tutta la follia estrema, tutte le mutazioni sonore vorticose e repentine che in vent’anni di carriera hanno accompagnato il sound della band. La dissoluzione del titolo vive e muta attraverso segmenti ritmici schizofrenici, simili a macchie mentali in continuo divenire – forme grevi e violente che si frantumano e si dissolvono tra le nere trame testuali.Le acrobazie sonore destabilizzanti, sempre tecnicamente impeccabili, fanno da contrappunto a una vocalità che in questo album esplica un’ampia gamma di sfumature, ora sofferte, edulcorate e declamatorie, ora concitate e malsane.Potenza e libertà si avvicendano così tra visioni estreme e istanti decadenti velati di Free Jazz, tra rivoli di Mathcore e lame di elettronica, furia Hardcore e meccanismi Industrial. [Continua]

his-clancyness-isolation-culture His Clancyness – Isolation Culture: Sinapsi [?]
Isolation Culture si propone dunque come vessillifero nei confronti di una centralità culturale ormai sopita da anni nel nostro paese: regalandoci una colonna sonora adeguata per la cavalcata verso la riscossa (“Cuuulture“). Talvolta sognante nel suo edificare mondi futuristi alla maniera del Bowie intergalattico (“Uranium“), l’album non perde mordente servendosi di fuzz guitars in salsa Wave spesso implementate dall’uso “barbaro” del synth analogico (“Pale Fear“). Un’apocalisse in slow motion che funge come motivo d’incontro per sonorità dissimili ma ben amalgamate. Un luogo alieno in cui osservare lunghe passeggiate lunari fra la Plastic Ono Band (“Calm Reaction“) e gli Swell Maps. [Continua]

goat-requiemGoat – Requiem: Robinson [?]
Insomma è un “Requiem” cantato, suonato, e invocato per il tramonto dell’occidente, o meglio, dell’occidentalismoche dopo “La grande abbuffata”  ha pensato di poter ricrearsi con illimitata potenza. E invece non può più. “Deve”guardarsi “intorno” e “altrove”.  Qui ad esempio, alla terza prova della band, navighiamo lungo un Nilo spiritato di quattordici tracce né vecchie né nuove, bensì “contemporanee” (anche il concetto di “nuovo” è una nostra invenzione scaduta malamente). Ma è un viaggio che ha i suoi comfort, malgrado tutto (una voce femminile molto indie-rock che ci fa sentire a casa in terra di selvaggi, brandelli di canzoni folk, di new-wave agli albori). [Continua]

notwist-superheroNotwist – Superheroes, Ghostvillains & Stuff: Occhi Chiusi [?]
Quello che succede in Superheroes, Ghostvillains + Stuff sembra rappresentare bene questo loro nuovo successo. Sopratutto sembra che anche loro siano consapevoli di quello che sono riusciti a portare a termine in questi anni. Tantissima attenzione è infatti rivolta ai nuovi brani che sono quelli che impreziosiscono il concerto dandogli una forza tutta elettrica. Le versioni estese di Into Another Tune, Trashing Days e Run Run Run sono tra i veri gioielli di un’intera carriera e se non vi è capitato di ascoltare recentemente la band dei fratelli Acher dal vivo, questo disco rappresenta una grande possibilità. [Continua]

confrontational-kingdom-of-nightConfrontational – Kingdom Of Night: Eyeliner [?]
Nove brani dall’intensità sconvolgente che giocano questa volta sull’aumento del ritmo, sul battito cardiaco, mutuando l’incedere emozionale dei film di Carpenter – il cui figlio Cody appare al Synth in “Crimson Curtains“. Più cupo, sicuramente profondo del suo predecessore, “KINGDOM OF NIGHT” mette l’accento sulla melodia alla ricerca dell’anthem crepuscolare. L’openerKingdom Come” (à la Goblin) – ricordate le splendide colonne sonore per Dario Argento? – apre le porte dell’occulto, mettendo fin da subito le cose in chiaro sull’evoluzione stilistica del progetto CONFRONTATIONAL. E’ infatti un’elettronica in odore di eighties quella che si fa strada fin da subito come un’orda di incubi fuoriusciti dal vuoto, catapultandoci all’interno di un universo parallelo dominato dalle ombre, dove nulla è dettato dal nostro volere ma strumentalizzato dai bassi istinti. [Continua]

Fatso JetsonFatso Jatson – Idle Hands: Dispari [?]
Recuperando l’indole degli esordi, votata a un’elettricità ruvida e abrasiva, la band di Palm Desert, fonde suggestioni che partono con la grinta di Wire Wheels And Robots e Nervous Eater per lambire gli incubi distorti e i lamenti da “spoken word” di Portuguese Dream. Non mancano poi le allucinazioni decadenti, come quelle del lungo mantra strumentale Seroquel, e le cavalcate oscure (titletrack) e risolute (Last Of The Good Times). Acidi e apocalittici vortici strumentali fagocitano infine Dream Homes. In Idle Hands i Fatso Jetson modellano i generi in maniera matura e mai banale, rimanendo sempre coerenti con il loro percorso musicale e perlustrando la tensione difforme del suono attraverso i brulli deserti del rock. [Continua]

warpaint-headsupWarpaint – Heads Up: Sorcino [?]
Le influenze che hanno connotato la band cambiano volto, rimanendo sempre appese come poster nella sala prove – le chitarre in “So Good” rimandano musicalmente a certe sonorità New Wave dal retrogusto Dark. La cura dei suoni è un elemento fondamentare per trasmettere questo tipo di sonorità a cavallo fra il Downtempo e certa musica Ambient dai connotati Pop; dove le chitarre, sempre piene di riverbero, e la batteria si muovono in maniera minimale. Questa singolarità, unita ai passaggi di basso – interessanti quelli in “Above Control” –, induce l’ascoltatore ad una catarsi ipnotica che prosegue in tutto Heads Up. [Continua]

mai-mai-mai-phiMai Mai Mai – Phi: Avatar [?]
Terrore, inquietudine, disagio e malessere vengono qui dirottati dentro un imbuto digitale e riversati all’esterno dando forma ad ansie e visioni apocalittiche di ogni tipo. Nei quaranta minuti scarsi di “Phi” la lezione della Grey Area rimbalza come una pallina d’acciaio dai rigurgiti industriali dei Throbbing Gristle verso spoken ossessivi come solo Boyd Rice / NON; passando per le filastrocche rituali di Coil. In parte aritmico – nei sospiri minacciosi e miasmatici di “Mustais” –, in parte ritmico – nell’abbuffata Pan Sonic(a) in salsa arabeggiante di “Lenais”. [Continua]