Kevin Morby – City Music

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Il biondo mosso del texano Kevin Morby cambia sfumature: dal colore delle pepite d’oro nascoste nei corsi d’acqua a quello delle scintille che piovono lungo le tranvie delle nuove città del caos. Si è di fronte a un cambiamento, ma non di quelli profondi, anzi superficiali. L’anima dell’America è la stessa dal Nevada del 1850 – cinema in fiamme e strade fumose – alla Louisiana di oggi – scintillante jazz del New Orleans. Dall’oro all’elettricità, per l’appunto. E se l’ambiente muta, saranno diverse anche le parole per raccontarlo.

Appena l’anno scorso Singing Saw arrivò alle orecchie degli ascoltatori a portare il suo lirismo romantico: la natura, ai tempi rappresenta da Mount Washington, luogo dove il cantautore si era trasferito, consisteva nel luogo perfetto dove vivere appieno la pace come il dolore. Circondato da sconosciuti meravigliosi – come il titolo del brano dello stesso autore recitava (Beautiful Stangers) -, c’era un mondo cantautoriale e folk con cui confrontarsi e con cui collaborare intimamente. Townes Van Zandt ne è l’esempio più esplicito con la sua No Place to Fall, brano suonato da Morby in molti dei suoi concerti durante l’ultimo anno.

Oggi, al quarto disco all’attivo, l’autore di City Music racconta quello che riesce a vedere dal centro della California, dall’interno dei pacifici Panoramic Studios – una casa con vista mare trasformata in un accogliente studio di registrazione. La città cambia con lo stesso ritmo di un ritornello pop. Ci sono il rumore delle strade e luci delle insegne, le influenze punk e l’avanguardia. Non si vede alcun cappello da cowboy, non c’è il Cohen delle ballate e non c’è il Dylan spirituale, ma ci sono i Germs con la loro Caught In My Eye, qui reinterpretata in uno stile alieno all’originale. La città è anche la musica muscolosa, quella che si suona per le strade e sui palchi di infiniti festival, quella che si vive assieme ad una band (Meg Duffy e Justin Sullivan, nello specifico) e che ti porta in contesti sonori completamente differenti. Così Singing Saw sopravviveva sui palchi americani quando City Music già prendeva il sopravvento:

I got really deep into writing [Singing Saw] and it’s like the moment I saw what I was crafting, another part of my brain fired off something else — like I wanted to exercise this other style of songwriting I have.

Uno stile, questo di cui si parla, che appartiene maggiormente ai The Babies, gruppo fondato da Morby stesso nel 2011, o ai Woods, di cui è stato a lungo il bassista. O per vederla da un’altra angolatura: nell’album Still Life spiccava il brano Parade, scelto per chiudere in modo sentimentalmente chiaro una puntata del capolavoro BoJack Horseman. Oggi BoJack entra in Kevin Morby: le luci, lo spettacolo, la socialità, le statuette brillanti, le tensioni, le case sulla spiaggia, le corse al successo e la spiritualità in coma farmacologico. Si ribalta la prospettiva, in definitiva. Non è un caso che 1234, nella sua semplicità punk, rimandi ai Ramones e citi esplicitamente il poeta e cantante Jim Carroll nel verso «They were all my friends, and they died» preso da People who died. È un immaginario che fa il suo ingresso nella musica del cantautore texano e porta con sé i propri miti e le proprie preoccupazioni.

I wanted to write a record influenced by some of my other biggest heroes, like Patti Smith, or Lou Reed. I wanted to write a rock n’ roll record.

Si sviluppa maggiormente un altro lato di Morby, presente già nelle precedenti produzioni ma che non aveva ancora mai avuto tanto spazio quanto oggi. È possibile ascoltare elementi che si vengono ad intrecciare trovando il loro posto in una collocazione musicale efficace: l’organo con cui si apre il disco (Come To Me Now) segna il passaggio da Singing Saw a City Music. Ma del resto anche l’organo, come la musica delle montagne americane, riesce a scendere nella città, perché la città agglomera, raccoglie e mangia ogni suo figlio e ogni suo ospite: quel city sound al centro di questo disco è in realtà una convergenza di suoni che hanno potuto conoscersi e modificarsi proprio nel contesto urbano, ma non nascervi. Non esiste la musica della città, sembrerebbe dire Morby, la città è più il compositore folle che sa far confluire i Germs nei suoni di quello che fino a ieri sembrava un menestrello col cappello da ranch.

Data:
Album:
Kevin Morby - City Music
Voto:
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