La rassegna musicale estiva AcieloAperto ha ospitato l’affermato dj, produttore e compositore Trentemøller, nel suo secondo “Fixion” tour Europeo del 2017. A fare da tempio alla liturgia Danese, la storica Villa Torlonia di San Mauro Pascoli.
Il pubblico e il crepuscolo vengono accolti dall’imperante palco che sorregge una gigantografia e alcune strutture metalliche ad opera di Andreas Emenius (già autore dell’artwork di “Fixion” e regista dei videoclip dello stesso album). Anche l’occhio vuole la sua parte e la serata ha già preso la giusta piega oscura.
Le prime note elettriche sono affidate ai nostrani Havah, a cui segue un altro Forlivese, Matteo Vallicelli (ex batterista dei Soft Moon e Death Index) che ha già scaldato gli animi dei fan di Trentemøller in diverse date del tour Europeo.
Matteo porta sul palco “Primo”, il suo solo-album d’esordio elettronico, licenziato dalla NewYorkese Captured Tracks. Rimane singolare il suo approccio compositivo ed espositivo, è inusuale trovare un batterista che dedichi buona parte del suo operato ad armonie elettroniche unbeat, il risultato retro-futuristico è ottimo, perfetto per plasmare l’atmosfera, prima del tanto atteso headliner.
Sul cielo e sul palco è buio pesto, Trentemøller fa il suo ingresso e si posiziona alle macchine; ad accompagnare i suoi tempi ci sono quattro musicisti di grosso calibro. Non c’è più un ex-dj techno, non siamo al cospetto del minimalismo storico, l’asse si è spostato, si è sporcato di suoni elettrici, di un basso sanguigno, su pelli di tamburi e di umanità sincera. New-wave, dark e sensuale siderurgia, questi sono gli elementi che ha saputo amalgamare Trentemøller nel suo live, un direttore d’orchestra che ricuce claustrofobia e adrenalina in maniera estremamente poetica.
La set-list saccheggia brani dell’ultimo album “Fixion” senza nascondere gli spettri dei Cure e dei Joy divison, evocati sin dalle prime note. Al microfono, un piacevole ritorno, quello dell’affermata cantautrice e attrice Danese Marie Fisker. Una voce calda e profonda, pronta ad addolcire le scosse elettriche ed elettroniche dello show. e soprattutto, in grado di reinterpretare con grande classe i contributi vocali di Ane Trolle o di Jenny Beth (Savages) che in passato incorniciarono i più noti capolavori di Trentemøller.
Risolto un piccolo problema tecnico – via il synth vecchio e dentro uno nuovo con tanto di confezione garantita e imballata –, il mantra nero può proseguire lievitando i BPM tra vecchi e nuovi successi. L’ossessiva linea magnetica di “Vamp” si sporca di distorsioni, ruggisce e quasi spaventa: in un limbo di riferimenti che spaziano dai Nine Inch Nails a David Lynch.
Prima di lasciare il palco, la tanto attesa “Moan” si slega in oltre dieci minuti di dancefloor scatenato, avvinghiandosi al medley del monolitico “What Else is There” a firma Röyksopp – il cui remix di Trentemøller continua a fare il giro del mondo da dodici incessanti anni.
Un minuto di respiro e si “spengono” nuovamente le luci sull’encore, dove un Trentemøller sorridente e appagato sposta l’attenzione sul proprio passato compositivo, regalando al pubblico una memorabile esecuzione di “Take me into your skin”, citando quella “Just like Heaven” dei Cure da lui tanto amata.
Contro il postulato di Bowie, il background e l’evoluzione: “I am NOT a DJ, I am what I play”