Twin Peaks, il sogno di Lynch

GENIO O PARACULO?Let’s rock (TP3, Part 12)

Entrambe le cose. Per quanto mi riguarda, e parlo da vera fanatica di David Lynch, tutte le opinioni dei detrattori della terza serie di Twin Peaks hanno massimo diritto di cittadinanza. Ci hanno fattonotare, puntualmente: insensatezze, incoerenza narrativa, noia, lentezza, deliri, offese alla nostra intelligenza. Sono gli stessi identici problemi che ebbe Dale Cooper quando arrivò a Twin Peaks la mattina del 24 febbraio del 1989, con la differenza che noi che guardiamo TP3 siamo molto meno zen di lui. Questa volta ci troviamo davvero a Twin Peaks, nel più grande esperimento nella carriera di David Lynch.

COS’È TWIN PEAKS

Dall’8 aprile del 1990 a oggi, due serie, in tutto 30 episodi: incollati a Canale 5, a tarda notte, davanti alla tv, vogliamo sapere solo una cosa: chi ha ucciso Laura Palmer? (questa frase diventerà LA FRASE). Moriamo di spavento per un semaforo che oscilla nel buio su una strada deserta, tremiamo quando parte la sigla di apertura. L’immagine di quel cadavere si imprimerà nella nostra memoria visiva.

Forse pochi sanno che la serie non è mai andata bene per la televisione, a differenza di Beverly Hills 90210 e Law and order, giusto per citare due delle serie più viste andate in onda nei primi anni Novanta – epoca in cui spuntava anche la prima serie d’essai Un medico tra gli orsi. A poche puntate dall’inizio I segreti di Twin Peaks rischia la CAN-CEL-LA-ZIO-NE: l’emittente ABC, che aveva lasciato agli autori libertà creativa, ci ripensa e fa pressioni perché si arrivi velocemente alla rivelazione del segreto su chi ha ucciso Laura. La soluzione dell’omicidio a poche puntate dall’inizio della seconda serie farà calare gli ascolti per gli episodi successivi. Dirà Lynch: “È un’assurdità che questo sia potuto succedere. […] C’era spazio per tantissimi altri misteri. Ma quel mistero era sacro, teneva in piedi tutti gli altri. Era l’albero e gli altri erano i rami. È, come ho detto, una tristezza”. Dirà la Signora Ceppo: “Ci sono molte storie a Twin Peaks. Alcune sono tristi, alcune divertenti. Alcune sono storie di pazzia, di violenza. Alcune sono ordinarie tuttavia hanno un senso di intrinseco mistero. Il mistero della vita. Qualche volta, il mistero della morte. Il mistero della foresta, la foresta che circonda Twin Peaks. Per introdurre questa storia, lasciatemi dire che incorpora tutto. È oltre il fuoco, anche se pochi saprebbero cosa significa. È una storia di molti, ma comincia con una persona. E la conoscevo. Quella che è alla guida di molti è Laura Palmer. Laura è la presceltaLaura is the one (TP3, part 10).

Di base Twin Peaks 1 e 2 è una telenovela sulla vita e sulla morte dai tratti noir-mistico-esoterici, con la sua eroina – la reginetta Laura Palmer – e il suo eroe –  Dale Cooper, l’agente dell’FBI strambo, saggio, buono e bello.

La serie tv diventerà poi un culto popolare e Lynch si guadagnerà la copertina del Times. Il mistero è risolto, anche se Lynch confesserà di averlo fatto malvolentieri per poi emettere una secca condanna: Chi ha ucciso Laura Palmer?’ è una domanda a cui non avrei mai voluto rispondere. Era come la storia dell’oca dalle uova d’oro. A un certo punto ci hanno forzati a rivelare tutto e la serie non si è più ripresa. La seconda stagione è diventata goffa e ridicola, ho smesso di guardarla perché era diventata davvero di basso livello.

Nel 1991 Lynch lascia comunque a Twin Peaks un mistero. Meno definito di quello “da manuale” della prima serie che probabilmente gli sarebbe servito per fare tanto altro, stando alle sue parole. Quello che ci lascia è qualcosa di più sottile e più inquietante: il punto interrogativo sul destino dell’agente Cooper. Dopodiché passano REALMENTE 25 anni, e questo effettivo passaggio del/nel tempo è uno degli elementi determinanti per il margine di accoglienza che la serie ha avuto presso i suoi fan storici, letteralmente divorati dall’aspettativa mantecata nel ricordo di come Twin Peaks entrò a gamba tesa nel nostro immaginario quando andò in onda la prima volta.

A maggio 2017 le domande ci sono esplose tra le mani e si sono moltiplicate all’infinito. Figuriamoci se Lynch si lasciava scappare l’occasione di giocare con un elemento narrativo naturale, l’effettivo trascorre del tempo per lui e per noi, il miglior presupposto per introdurre il gap spazio-temporale come elemento portante della trama, nel suo aspetto realistico. Sì perché mai opera è stata più realista: stessi attori, stessi volti, stessi luoghi e il mistero Cooper che aleggia su tutto. La vita che a Twin Peaks è trascorsa indisturbata, quasi congelata. A prima vista. Cosa è successo? Cosa sta succedendo? Perché? Ma come? Cosa significa? Cosa vuol dire questo e cosa vuol dire quello.

LYNCH, MA COSA FAI?

Poteva fare un prequel della terza serie prima della terza serie, poteva darci un poliziesco alla Miami Vice, sulle tracce del Cooper cattivo, poteva farci stare nella Loggia Nera ma non ne saremmo usciti indenni.

Non è più il momento per la telenovela, allora Lynch decide di venderci il suo dream in progress. Ci svela, finalmente, che Twin Peaks è un sogno, il suo sogno: Il mio sogno è un codice che deve essere decifrato. Decifrato il sogno, risolto il caso. E infatti: nessun effetto speciale hollywoodiano, Lynch si affida allo stop motion; figure e oggetti mantengono sempre un certo grado di “incomprensibilità” e spingono il telespettatore a cercare tutti i collegamenti possibili. Ma voi i vostri sogni li fate con tanto di effetti speciali di ultima generazione e con il massimo grado di comprensione? E quando vi svegliate, ammesso che ve li ricordiate, non cercate di mettere assieme i pezzi in una logica diversa da quella ordinaria? Però ci siamo dimenticati che per il giovane Cooper il sogno è il principale metodo di indagine, oltre agli altri che sono comunque strani – rivedetevi la scena in cui, per avere un indizio sull’assassino di Laura, lancia dei sassi contro delle bottiglie mentre pronuncia, di volta in volta, il nome di un abitante di Twin Peaks.


Detto questo torniamo al livello zero: CAPIRE BENE cosa è accaduto negli ultimi 25 anni e cosa succede oggi a Twin Peaks era il primo livello di aspettativa del telespettatore medio, che ha un identikit molto diverso dallo stesso spettatore medio che l’ultima volta ha visto Cooper spaccarsi la fronte di fronte a uno specchio nell’episodio conclusivo “Oltre la vita e la morte” andato in onda nel 1991, tra i pochi episodi di quella serie diretto da Lynch in persona. Il titolo è importante. Perché se vi sentite sospesi (annoiati, sonnolenti, ipnotizzati, in apnea vuota, sono tutte forme lecite di sospensione) è perché siamo in questo oltre, ad un livello poco sopra lo zero che però costa la fatica di fare uno scatto intuitivo. Non c’entra nulla l’analisi. Stiamo guardando il sogno di uno che medita da 30 anni e qualche esperienza della natura della mente in più di noi ce l’ha. Non si droga ed è più visionario di tutti noi messi assieme. Lucidamente. E ci offre sempre la possibilità di rintracciare una “storia” perché Lynch conosce bene due degli aspetti fondamentali della mente: la singolarità della percezione individuale e il potere di dare forma alla realtà in base a questa percezione. Dal potere di dare una forma piuttosto che un’altra, in un movimento che è infinito e attribuendo un significato piuttosto che un altro, noi esseri umani costruiamo storie. What’s story is that, Charlie? (TP3, Part 13)

COOPER, DOVE SEI?

Due Cooper e del vero Cooper nessuna traccia all’orizzonte. Un tasto dolentissimo, questo. Perché noi vogliamo Cooper, QUELLO VERO. E anche qui è la stessa situazione controversa di 25 anni fa: qualcosa da capire, da ricordare, da scoprire, un luogo a cui tornare. Noi con/come lui, nel gioco lynchiano della moltiplicazione degli indizi, dei collegamenti, dei simboli, dei luoghi. Fuori da Twin Peaks e dalla Loggia Nera, che non esistono: dentro e fuori, sogno e realtà, coscienza e realtà, eccetera eccetera eccetera eccetera eccetera eccetera. È chiaro che questo gioco non è per tutti. There’s fire where you are going (TP3, Part 11)

OGNUNO VEDRÀ NELLA SERIE CIÒ CHE VUOLEWe are like the dreamer (TP3, Part 14)

È il principio base di molte forme artistiche contemporanee, quando l’artista alza le mani, non spiega. Lynch non spiega mai e ci lascia senza guida: non c’è Cooper, non c’è un vero sceriffo, non c’è una sola e unica realtà. Per questo motivo il suo esperimento è perfettamente riuscito. Ognuno ha visto nella serie ciò che ha voluto, come anche a Twin Peaks ogni personaggio vede ciò che vuole o riesce a vedere. Così funziona per gli abitanti, così funziona per i telespettatori, così funziona per lo stesso Lynch che vede se stesso nei panni di Gordon Cole, tra Kafka e Francis Bacon.

Quindi: mentre guardate una puntata di Twin Peaks la domanda sul senso ordinariamente inteso non ha senso. Basterebbe guardare e basta, o fare un sogno. Forse però non state guardando bene, vi ostinate a usare il binocolo dalla parte sbagliata e vi arrabbiate pure, oppure state guardando bene e non vedete niente. Non è un problema, forse avete ragione, Twin Peaks 3 non ha senso, in questo senso.

Ho un ceppo, certo. Lo trovate divertente? Io, no. Ogni cosa ha la sua ragione d’essere. Le ragioni spiegano persino l’assurdo. Pensate che ci sia tempo per capire le ragioni del comportamento umano? Non credo proprio. Certi lo trovano, il tempo. Si chiamano detective? Ora vedrete cosa la vita ci insegna

“…E LA REALTÀ NON È SEMPRE COME TE L’ERI IMMAGINATA” (Lula a Sailor, Cuore Selvaggio)
Albert, I hate to admit it, but I don’t understand this situation at all (TP3, Part 4)

Potresti essere la figlia di Ingrid Bergman (David a Isabella Rossellini, la prima volta che la vide, in un ristorante). Idiota, lei è la figlia di Ingrid Bergman (amico di David che era con David al ristorante). David Lynch e Isabella Rossellini staranno insieme per cinque anni, dal 1986 al 1991. È il periodo di “Velluto Blu” ma soprattutto è il periodo di “Cuore Selvaggio”, film che Lynch gira in contemporanea le prime due stagioni di Twin Peaks e che le contiene, in piccolo – specialmente sul piano delle sequenze visive, su quello metaforico, nel macrotema Bene/Male, nello svolgimento e nel modo di caratterizzare i personaggi. Niente a che vedere con “Una storia vera” e il tasso di commozione che ci provoca per riflesso condizionato (che sia qui il vero paraculismo?); niente a che vedere con la sfacciata surrealtà di “Strade perdute”, dove il godimento è assicurato dal tema dello sfasamento/sdoppiamento di personalità tenuto alle redini di nozioni psicanalitiche basilari, quelle che chiunque abbia letto un riassunto a caso dell’opera di Freud conosce e usa a volte selvaggiamente per interpretare la realtà e far bella figura. Con “Mulholland Drive” ci spostiamo verso l’inconscio e la perdita della memoria e Lynch ha ancora la tentazione di rendere tutto complicato: guarda caso il film nasce dall’episodio pilota per una serie televisiva che gli era stata commissionata sempre dall’emittente ABC che si preoccupò molto e non lo trasmise mai.

MISTERO…Gotta light? (TP3, Part 8)

Tutti i miei film parlano di strani mondi dove non si può andare a meno che tu non li costruisci e li filmi
Due cose sappiamo: 1) non sappiamo dove ci sta portando Lynch; 2) Non possiamo guardare Twin Peaks 3 senza tenere conto delle indicazioni di Lynch (scegliete voi quali, ce ne sono in tutte le puntate).

“Non lo capisco”. “Mi addormento”. Ovvero: dello spettatore deluso e di un regista che ha volutamente scelto di non dare alla gente quello che voleva, di tradire l’aspettativa, di abbandonare lo spettatore a se stesso. È un’operazione che fa scricchiolare le fondamenta della forma che Lynch decise di adottare negli anni novanta, ma restare in quella forma avrebbe significato infilarsi in un vicolo cieco. Inoltre il concetto di serie televisiva oggi non esiste più: ci sono le serie, in streaming, su netflix e gli Spoiler Alert. Tutto un altro linguaggio. E se vogliamo essere estremi, da un punto di vista formale Twin Peaks, che è un luogo inesistente, finì già a breve distanza dal suo inizio: la STORIA basata sullo schema (banale) logico mistero-soluzione del mistero-tutto torna l’abbiamo già vista. Ma il mistero non manca in TP3, soltanto si sposta continuamente, si frammenta, si ricrea altrove, si infiltra, strisciando, in tutte le pieghe dell’esistenza.

VISIONARIO SÌ O NO?This is the chair (TP3, Part 9)

Mi sono imbattuta in questo dibattito sui social. Lynch è un visionario? Direi che lo siamo tutti, finché vediamo. E tutti facciamo dei sogni: io per esempio sognavo spesso di fare la spesa, ossessionata dall’idea di dimenticare qualcosa, e questo mi succede anche nella vita reale. Il risultato è che vado al supermercato e ogni volta mi sembra di essere in un film. Faccio casino, spesso e volentieri, tra sogno e realtà. A volte sogno di attraversare il muro, finora però non ho mai avuto il pensiero di passare dalla presa della corrente, e per questo motivo mi ritrovo sempre incastrata nel calcestruzzo. E chissà se la mattina quando mi sveglio sono sempre io, perché fino alla sera prima ero ignara del fatto che si potesse morire dentro un muro per inesperienza onirica: se a sogno finito sei ancora dentro il muro la volta dopo devi imparare a uscirne. Comunque, a ognuno il proprio sogno. Cosa sa fare Lynch che noi non sappiamo fare? Sa maneggiare questa materia prima e rendere tutto grandioso.

IL RITORNO, MA A CHE COSA? – Awake (part 5); Don’t die (part 6) Finally (part 16)

Il ritorno a casa, ovviamente. Detta in altro modo: il ritorno in se stessi, dopo lo spaesamento. Detta in un altro modo ancora: la salvezza nel risveglio. E qui il grado di empatia di ognuno di noi è stato messo alla prova, e in effetti non è facile stare accanto al tuo personaggio preferito quando tu ti ricordi chi è e lui no. Qualcuno lo ha abbandonato, qualcuno ha aspettato. Io credo che Dougie Jones sia una delle invenzioni più riuscite di questo prequel del prequel del prequel, che arriva 25 anni dopo ma sembra scritto 50 prima perché contiene la genesi e le tracce seminali della visione di fondo che sta dietro a tutto. E qui davvero tutto torna, anzi tutto ritorna, al punto di partenza, a Twin Peaks appunto, che è un luogo INESISTENTE. Giro a vuoto? Può darsi. (There’s some fear in letting go – TP3, Part 15)