Lee Ranaldo – Electric Trim

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Non ho un rapporto assiduo con l’arte contemporanea ma posso dire che in genere mi piace. Certo, non so valutare in scioltezza l’entità di opere astratte o spiazzanti. Il problema potremmo essere io e la mia costante paura di essere coglionato. Allora spesso adotto la gamma dei ragionamenti tipici dei profani. Uno di questi è provare rassicurazione nel sapere che quell’artista che brutalizza la tela, a monte è stato comunque un asso dei ritratti e dei paesaggi. Che poi magari è una cosa che anche gli esperti considerano più di quanto non ammettano.

Ecco, ciò che può rassicurare a proposito dei recenti lavori solisti di Lee Ranaldo è una considerazione dello stesso genere, anche se opposta. Ranaldo, attraverso una discografia corposissima, è andato definendo un suono relativamente classico e canonico. Lo ha fatto passando per album intelligenti, sospesi tra rock cantautorale e  qualche spruzzo di psichedelia. E poi soluzioni ritmiche non troppo ortodosse (evviva!)  insieme ad un chitarrismo di stampo acustico. Con lui, fidati compagni di viaggio come Steve Shelley alla batteria o estemporanee collaborazioni come quella recente con Sharon Van Etten (“Last Looks”).

Ma se in Electric Trim pare già abbastanza lontano il Ranaldo chitarrista dei Sonic Youth, sembra addirittura siderale la distanza dagli sperimentalismi oltranzisti compiuti  in solitaria trenta anni fa. Eppure sono proprio alcuni impalpabili rimandi ad un “passato – bandiera” che ci fanno leggere anche Electric Trim con qualche grado di serenità in più. Intendiamoci, nelle canzoni che compongono l’album, l’ex sodale di Thurston Moore non deturpa mai la tela. Non rompe vasi millenari e non plasma la materia senza darle una forma abbastanza convenzionale. Eppure, chi ascolta va ancora per riflesso  a cercare qualche cigolìo, qualche battuta d’arresto un minimo sferragliante e qualche testa coda nelle liriche. E , ammesso che sia proprio ciò che ostinatamente vogliamo, qualche corrispettivo dei cigolii lo possiamo anche trovare.

Perché sotto a quest’aria paciosa da Peter Buck e al tono che è un po’ quello di un Michael Stipe appena sveglio, c’è una chitarra che può girare in traiettorie curve. Non sempre e quasi mai in superficie ma c’è. Ci sono gli spoken word che dilatano lo spazio, ci sono i ritmi di “Uncle Skeleton” e “Purloined”. Il tenue nesso con l’identità più incasinata che fu, anche solo suggerito, è lì a rassicurare più dei paesaggi e dei ritratti (alcuni impeccabili) che Lee Ranaldo sa comunque tratteggiare bene. Ogni tanto all’orizzonte, incidentalmente, fa capolino Beck, mentre certi momenti sanno di Wilco.

Nel ridefinirsi in mezzo a un mare di musica e ad un pezzo di storia che si chiama Sonic Youth, questo sembra comunque un disco un po’ meno compiuto del recente Rock n Roll Consciousness a firma di Thurston Moore. Thurston Moore che però, in questi giorni, ha promesso un album techno. E questo sì che è meravigliosamente indecifrabile.

Data:
Album:
Lee Ranaldo - Electric Trim
Voto:
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